Kunst und Krieg

Kunst und Krieg
L'isola dei morti - Arnold Bocklin

mercoledì 26 ottobre 2011

L'Arte secondo Marcel Duchamp

“L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte”

Il termine ready made è utilizzato per descrivere un'opera d'arte ottenuta da oggetti per lo più appartenenti alla realtà quotidiana, lontani dal sentimentalismo e dall'affezione, che possono essere modificati o meno. L'inventore del ready-made fu il dadaista Marcel Duchamp nei primi decenni del '900. 
Il ready-made dunque è un comune manufatto di uso quotidiano che assurge ad opera d'arte una volta prelevato dall'artista e posto così com'è in una situazione diversa da quella di utilizzo, che gli sarebbe propria. 


Il valore aggiunto dell'artista è l'operazione di scelta, o anche di individuazione casuale dell'oggetto, di acquisizione e di isolamento dell'oggetto. Nulla più. Ciò che a quel punto rende l'oggetto comune e triviale un'opera d'arte, è il riconoscimento da parte del pubblico del ruolo dell'artista. 
L'idea di conferire dignità ad oggetti comuni fu inizialmente un forte colpo nei confronti della distinzione tradizionale, comunemente accettata e radicata, tra ciò che poteva definirsi arte e ciò che non lo era. Nonostante ai nostri tempi questa pratica sia ampiamente accettata dalla comunità artistica, continua a destare l'ostilità dei media e del pubblico.
Marcel Duchamp ha coniato il termine ready-made nel 1915, ma il suo primo ready-made risale al 1913 ed è intitolato, per l'appunto, "Bicycle Wheel".
Bottle Rack
Il primo ready-made puro è "Bottle Rack" ("Lo scolabottiglie"), semplicemente firmato. L'originale dello scolabottiglie non esiste più.
Esso fu semplicemente buttato via dalla sorella di Duchamp mentre questi, nel 1915, era negli Stati Uniti ed ella aveva compiuto una "pulizia generale" dello studio del fratello.
Ma lo stesso Duchamp lo sostituì poi con un altro esemplare.
Nonostante i ready-made siano carichi di una forte componente ludica ed ironica, molti critici non escludono che Duchamp, fortemente interessato all'alchimia, abbia inserito nelle sue opere simboli tipicamente alchemici.
I ready-made sono un segno della diffusione della tecnologia nella vita moderna,sono un indice della perdita della gerarchia e dell'esclusività tradizionale dell'arte nel processo di produzione di immagini e l'espressione di una presa di coscienza riguardo allo sforzo creativo necessario alla realizzazione di qualsiasi prototipo dal disegno di un oggetto,lavoro non inferiore a quello svolto da un artista.
Un esempio sarebbe dato da "Lo scolabottiglie" che richiamerebbe il simbolo dell'albero.
Un secondo esempio sarebbe dato da "Fontana" che simboleggerebbe l'utero femminile e non a caso Duchamp l'avrebbe firmata con lo pseudonimo R.Mutt, che traslitterato evoca fonicamente il sostantivo tedesco "mutter", che significa "madre".

«Fino a cento anni fa la pittura è stata tutta al servizio della mente. Questa caratteristica è venuta perdendosi a poco a poco nel corso dell'ultimo secolo.»

Elle a chaud au cul "Lei ha il culo caldo",come dire:lei,l'immagine onorata della donna ideale nella nostra tradizione artistica, Monna Lisa, "è in calore".
D'altra parte dipingendo barba e baffi, trasforma l'immagine femminile in una figura androgina,e allude così all'omosessualità di Leonardo e alla sua implicita presenza in quest'opera.


La Fontana (1917) e la Monnalisa con baffi e pizzetto L.H.O.O.Q (1919), benché probabilmente travisati come semplici gesti iconoclasti, sono certamente tra gli oggetti più famosi dell'arte del XX secolo. L'influenza di Duchamp sugli artisti successivi, benché enorme e ingombrante, è molto mediata, tanto che non è facile riconoscere degli epigoni diretti.
Di sicuro, il concetto di ready-made, insieme al problema del gesto dell'artista come "selettore" dell'oggetto d'arte, sono stati il punto di partenza per le varie forme di arte concettuale.
Per tutta la sua vita, Duchamp stabilì e mantenne con cautela la differenza e la vicinanza tra le opere d’arte - le sue amava chiamarle "cose" - e i ready-made.
Le prime implicano un fare ,le seconde l’appropriazione di un’idea. Il ready-made è originariamente destinato a una funzione utilitaristica da cui può emanciparsi concettualmente ed esteticamente.  L'opera d'arte invece, risulta annullata se, viceversa, viene impiegata come mero oggetto utile.

«Una volta, volendo sottolineare l'antinomia fondamentale che esiste fra l’arte e i ready-mades, immaginai un “ready-made reciproco”: servirsi di un Rembrandt come tavolo da stiro! »

Ciò che Duchamp aprì è una nuova libertà, senza limiti prefissati, per le proposte artistiche.
In lui dominavano lo humour e l'ironia, tuttavia altri artisti cercarono e cercano tuttora di rendere presente la vita nell'arte come una forma di riattualizzazione del rituale, della cerimonia, come asse portante delle loro proposte.

Duchamp diceva sulla pittura:
« Il futurismo era l'impressionismo del mondo meccanico.
A me questo non interessava. 
Volevo far sì che la pittura servisse ai miei scopi e volevo allontanarmi dal suo lato fisico.
A me interessavano le idee, non soltanto i prodotti visivi.
Volevo riportare la pittura al servizio della mente.
Di fatto fino a cento anni fa tutta la pittura era stata letteraria o religiosa: era stata tutta al servizio della mente.
Durante il secolo scorso questa caratteristica si era persa poco a poco.
Quanto più fascino sensuale offriva un quadro - quanto più era animale - tanto più era apprezzato.
La pittura non dovrebbe essere solamente retinica o visiva; dovrebbe aver a che fare con la materia grigia della nostra comprensione invece di essere puramente visiva.
Per approccio retinico intendo il piacere estetico che dipende quasi esclusivamente dalla sensibilità della retina senza alcuna interpretazione ausiliaria.
Gli ultimi cento anni sono stati retinici. Sono stati retinici perfino i cubisti.
I surrealisti hanno tentato di liberarsi da questo e anche i dadaisti, da principio.
Io ero talmente conscio dell'aspetto retinico della pittura che, personalmente, volevo trovare un altro filone da esplorare.»

Egli, è stato uno dei più grandi artisti del Novecento, proprio per il suo modo di essere. Ha costruito un nuovo prototipo di artista da intendersi come intellettuale sempre pronto a proporsi in maniera inaspettata, anche solo per il piacere di essere diverso dal normale. Ha elevato l'anormalità, intesa come rifiuto di qualsiasi norma, sia pratica sia di arte sia di vita.
Nel contesto attuale, i ready-made di Marcel Duchamp assumono un senso nuovo. Traducono il diritto all'espressione diretta di tutto un settore organico dell'attività moderna, quello della città, della strada, della fabbrica, della produzione di serie. 
Questo battesimo artistico dell'oggetto d'uso costituisce ormai il "fatto dada" per eccellenza. Dopo il no e lo zero, ecco una terza posizione del mito: il gesto anti-arte di Marcel Duchamp si carica di positività.
Lo spirito dada si identifica con un modo d'appropriazione della realtà esterna del mondo moderno. Il ready-made non è più il colmo della negatività o della polemica ma l'elemento base di un nuovo repertorio espressivo.
Questo è il nouveau réalisme: un modo piuttosto diretto di mettere i piedi per terra, ma a quaranta gradi sopra lo zero dada e a quel livello in cui l'uomo, se giunge a reintegrarsi nel reale, lo identifica con la sua trascendenza che è emozione, sentimento e infine poesia.
Quando nel 1917 Duchamp espone provocatoriamente la sua Fountain, l'oggetto d'uso comune, in questo caso un orinatoio, è innalzato al rango d'opera d'arte, ciò per il fatto che qualsiasi oggetto, nel momento stesso in cui l'artista-inventore se ne assume la responsabilità morale, assume il diritto di essere riconosciuto come opera d'arte.

« L'immateriale innalza l'idea del ready-made alla dimensione cosmica, in Klein come Duchamp l'arte si è trasferita nella morale, l'estetica nell'etica.»

Duchamp prendendo un oggetto comune scelto in base della sensazione d'indifferenza che lo stesso gli dava, creava il ready-made.
Se l'opera d'arte e l'opera di "non arte" sono essenzialmente la stessa cosa e se l'oggetto comune può venire innalzato e posto fuori dal tempo dalla scelta dell'artista, deve essere vero anche il contrario.
Staccare da una parete un Rembrandt o un'altra opera d'arte qualsiasi e trasformarla in qualcosa di comune, cioè soggetta all'uso, ai cambiamenti e infine alla distruzione, potrebbe essere un operazione ugualmente valida.
Il ready-made doveva essere progettato "per un momento avvenire (tale giorno, tale data, tale minuto)...Una specie d’appuntamento".
Il ready-made doveva recare inoltre un iscrizione che invece di descrivere l'oggetto come fa un titolo, era destinata a trasportare la mente dello spettatore verso altre ragioni più verbali.Duchamp comprese ed utilizzò il caso in molte sue opere; in particolare l'opera Trois Stoppages étalon (Tre Rammendi tipo, 1913-14) anticipa di ben quarantacinque anni i tableaux-piegès spoerrani.
Nel 1920 Duchamp esegue la prima macchina ottica funzionante con l'ausilio di un motore elettrico: Rotary glass plaques, seguita nel 1925 dalla Rotary demisphère, vere e proprie macchine-studio del movimento; queste assieme ai primi mobiles à moteur di Calder degli anni '30 saranno di stimolo a più di una generazione di artisti cinetici del dopoguerra tra i quali Tinguely.
La comunicazione ha chiuso il suo ciclo felice, lasciando definitivamente il campo all'Estetica. 
L'Estetica è la disciplina del sentire e ha coinvolto nel suo dispiegarsi prima l'arte, poi il design, poi la moda.
Duchamp un secolo fa aveva ben in mente il vero percorso che si sarebbe innestato nella società nascente: la merce stava diventando la straordinaria espressione del talento artistico.
Dopo un secolo questo assioma viene ormai riconosciuto anche dei consumatori
Ma – come nell'arte che poi si trasforma in design – non tutte le merci si assomigliano o si equivalgono.
Il consumatore assume il ruolo che era stato quello del critico d’arte. Da oggi comincia il gioco del giudizio estetico, del successo e del fallimento. L'altra operazione che Duchamp compie riguarda l’enfasi dell’intenzione, e quindi dell'intelligenza nella scelta.
Lo sfruttamento del caso significa affidarsi a forze e processi che hanno già deciso per noi, recuperandoli con l'intenzione, che enfatizza il valore estetico.
Duchamp continua ad emettere negli anni le sue rare, calibrate intenzioni, a condurre il suo discorso polidimensionale, non legato ad alcun "specifico" artistico, pronto a coinvolgere tutti i settori di esperienza, a incrociarli tra loro.
Il consumatore odierno non fa altro che seguire la stessa strada. 
L’opera di Duchamp esplora stili, tecniche e linguaggi differenti.
I suoi esordi sondano il vocabolario pittorico delle avanguardie artistiche dall'Impressionismo a Cézanne, ai fauves. 
Vi è in Duchamp una continua ricerca di libertà, e già nei primi lavori, realizzati a 14 anni, traspare una notevole indipendenza di gusto.
Egli rifiuta poetiche e categorie di ogni tipo, non è interessato ad una scuola ben precisa, la sua è una pittura che si libera dei mezzi tradizionali che impongono stili e soggetti convenzionali e si spinge sempre più verso la concezione di una pittura come espressione di una elaborazione concettuale piuttosto che mezzo di rappresentazione della realtà oggettiva.
Dulcinea
A partire da "Sonata" (1911) e "Dulcinea" (1911) comincia a definirsi la nuova linea di ricerca, in cui la luce determina il rapporto con l'oggetto e lo spazio.
In queste opere emergono già elementi propri del lavoro di Duchamp: il movimento da un lato e dall’altro dati visibili, segni che permettono una lettura in chiave allegorica e psicanalitica.
Con "Nudo che scende le scale" (1911\1912) l’artista si muove in senso opposto al cubismo e futurismo. I dati cinetici dell'immagine sono infatti in conflitto con la fedeltà cubista a un'immagine statica segnando l'atto di nascita dell’arte moderna negli Stati Uniti. 
Duchamp utilizza la fissazione fotografica delle varie fasi di un corpo in movimento e, secondo un principio fondamentale della sua poetica, realizza una sorta di proiezione della dimensione della pittura di un fenomeno.

Il movimento che si sviluppa nella quarta dimensione: il tempo.
Duchamp farà uso proprio del cinema per sperimentare la possibilità di riprendere gli oggetti in movimento da diversi punti di vista, in modo da metterne in luce la poliespressività.
La ricerca estetica di Duchamp si colloca in un voler andare oltre la pittura e quindi l'arte e in questo senso il cinema diventa la macchina che permette di congiungere i due opposti: il movimento circolare dell'apparecchio di proiezione si tramuta nella linearità della successione a scatti dei fotogrammi; la profondità e il rilievo si appiattiscono in superficie e viceversa.
Il cinema gli permette di ottenere la dinamizzazione di immagini astratte, per sperimentare una serie di ricerche nel campo della cinetica delle forme che è riscontrabile anche nella sua opera pittorica e negli oggetti.
Si dedica agli esperimenti ottici, collabora con Man Ray alla realizzazione di un film con effetti a tre dimensioni ed elabora la sua prima macchina ottica.
Costruisce congegni meccanici, disegna variazioni sul tema della spirale anticipando ciò che faranno più tardi gli artisti ottici e cinetici.
Per Duchamp tali lavori si collocano al di là di qualsiasi intenzione espressiva; ad interessarlo non sono gli aspetti formali quanto la ricerca sugli effetti di persistenza e deformazione legati alla percezione delle forme in movimento.
Duchamp abbandona la pittura retinica per spostarsi su un piano essenzialmente concettuale-etico e il procedimento del "ready-made" è il suo grande contributo alla storia dell'arte.
Con l'invenzione del "ready-made" Duchamp mette in crisi il valore tradizionale dell’opera d'arte contestandone lo statuto e il senso.

Sposta la ricerca sul piano dell'estetica costringendo il pubblico ad esercitare anche altre facoltà, intellettuali, sensoriali ed estetiche.
Il procedimento diventa appunto una operazione mentale, non più solo un gesto provocatorio. Con il "ready-made" dà valore a ciò che comunemente non ne ha.

Duchamp espone nel 1917 un orinatoio (Fontana, 1917) lo firma e gli dà un nome qualsiasi MUTT; con la firma ci dice che l'oggetto non ha valore in sé, ma lo acquista con il giudizio formulato da un soggetto.
La pratica del ready-made combinata con il piacere dell'ironia diventa una continua sfida alla rassicurante banalità; Duchamp capovolge il senso dell'approccio alle forme, destabilizza il concetto che la realtà sia statica ed immutabile. 
Lo spettatore non può più essere solo un fruitore passivo, ma deve essere egli stesso coinvolto nel processo mentale che crea l'opera in una azione di reciprocità e interattività.
Duchamp con Francis Picabia e il fotografo Man Ray fonda la rivista "291" che anticipa molti dei temi propri del Dadaismo al quale gli artisti aderiranno nel 1918. Il dadaismo con i suoi interventi apparentemente gratuiti si propone un'azione di disturbo che ha come scopo mettere in crisi la società, e lo fa usando quelle cose che essa produce.

Duchamp quando mette i baffi alla Gioconda di Leonardo vuole così contestare la venerazione che gli è attribuita passivamente dall'opinione pubblica.


Con la sua prima opera dadaista "Tu'm" (1918), Duchamp crea una fusione tra il mondo del dipinto e il mondo dello spettatore anticipando di cinquant'anni i temi propri della Pop art. Tali esplorazioni pittoriche, tecniche, concettuali ed estetiche, confluiscono nel "Grande vetro", l'opera più famosa e complessa di tutto il suo lavoro. Non si tratta tanto di un quadro, quanto piuttosto di un congegno che vuole separare l'idea di arte dall'idea di forma.
Grande vetro
L'artista inizia a lavorare al "Grande vetro" nel 1923 proprio quando smette di dipingere, in quanto considera la pittura contemporanea inutilmente superficiale, e si concentra su una attività artistica più concettuale.

«Usando il vetro » scrive Janus «Duchamp voleva entrare in una dimensione del tutto nuova, nella trasparenza dello spazio, che gli consentisse cioè di attraversare tutta la superficie, di andare nell’altra parte della sua opera, come Alice che entra nel dominio dello specchio incantato».

La lettura dell'opera è multipla, oltre a quella letteraria, enigmatica, c'è la lettura visiva: la narrazione è svolta con elementi meccanici, tema caratteristico della denuncia dada nei confronti della disumanizzazione dell'uomo. Le sue disparate esperienze sono difficili da legare a uno specifico artistico e coinvolgono molti settori di ricerca, spesso incrociati tra loro: in sostanza egli cerca di distruggere ogni fiducia nelle qualità oggettive del valore artistico-estetico, dimostrando invece che esso è il frutto di una convenzione. La pluralità di rapporti trasforma l'osservatore in soggetto attivo costringendolo ad un processo di costruzione; lo scarto e la distinzione tra artista e fruitore si riducono annullando le distanze, analogamente a quello che già era avvenuto con l'impressionismo e le avanguardie che avevano accorciato la distanza tra l'opera e la realtà. 
Duchamp si pone così come antesignano della realtà interattiva e della fruizione "collaborativa", esplora una molteplicità di linguaggi che si integrano e producono conoscenza in una generazione continua di saperi e costruzioni di significato, attraversa diversi sistemi ed orizzonti cognitivi: la pittura, la musica, la filosofia, il cinema, la psicanalisi, l'etica intrecciando percorsi per definire la costruzione di un significato.

scritto da V.Kunst

(*tratto da varie fonti)

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